Obiettivo Trop Model

gennaio 25, 2009

Il bartender

Qualche tempo addietro mammamsterdam mi suggerì di testimoniare sul blog il parenting ex-post. Come dire, quando pensavate di esservela sfangata ecco che i figli fanno vent'anni e comincia un'altra odissea.


Ed io sono entrata in thinking mode.


Da quando il bartender ha avuto la bella idea di togliersi di torno qua la vita scorre senza le turbolenze a cui lui ci aveva abituato. Non lo vediamo più tornare a casa ubriaco, magari dopo aver schiantato la vettura contro ignoti. Non lo vengono più a cercare i caramba a casa, trasformando gli ignoti in noti. Non abbiamo più un orso letargico sul divano alle tre del pomeriggio. Non arrivano più multe per sosta vietata, circolazione in ZTL, e compagnia cantante. Non si sovvenzionano più i carrozzieri delle zone limitrofe. Insomma la vita è diventata una noia. O quasi.


Allora, in questa gradevole e rilassata situazione, il materiale su cui riflettere non è tantissimo, per fortuna, ovvero gli accadimenti non sono molti. Ma è complesso, per sfortuna.

Ti trovi a riflettere sull'intemperanza del bartender che non gli pare il vero di mandare esplicitamente a hahare il capo e che quindi mò tiene il probblema di riparare al casino oppure andare a lavorare altrove. Ma il fanciullo ha difficoltà serie con il lasciare andare e quindi perdere l'ambiente in cui lavora oggi gli ruga assai. Per non parlar del fatto che questo non è periodo in cui si lavori granchè in giro per locali, i 3 gradi sotto zero costanti da più di un mese non agevolano la notte cittadina.

Il bartender ha problemi nel rispettare l'autorità costituita: se uno è autorevole lui può trasformarsi in uno schiavo perchè non sa fare calcoli tipo io ho dato x ergo lui ora mi deve dare y sennò io ci perdo. Ma se uno, capo incluso, cerca di essere autoritario senza essere autorevole ... è finita (ed in genere il bartender ci rimette la pelle).

Il bartender dà quel che si sente di dare, il resto non gli interessa. Qualche volta quel che lui si sente di dare è di più di quel che riceve, ma non importa. In questi casi lui nega l'evidenza peggio di un marito fedifrago.

Il bartender vive fuori di casa da qualche mese. Ha due roomate, due ragazze. Tra tutti e tre non ne fanno uno sano, di testa intendo. E non voglio nemmeno sapere cosa circola da quelle parti in termini di sostanze psicoattive.

Il bartender è come quei bambini che scambiano la notte per il giorno: infatti dorme minimo fino alle quattro, di pomeriggio. Di notte lavora (quando lavora) e poi si sbatte in giro per la movida cittadina. Lui va in giro in ore in cui la gente per bene dorme. Io non ci voglio nemmeno pensare a quanti piccoli deliquenti piuttosto che fori de capoccia girano per la città quando ci gira lui. Non voglio nemmeno pensare, su una scala da uno a dieci, quanto alterato sia.

Da quando il bartender non vive più in casa la sua vita è diventata altra, separata da me. E questa è la vera novità, che a dirla così è ovvia ma io non ci avevo riflettuto sopra, prima. Sono certa che i miei pareri non siano irrilevanti ma spesso è meglio non fidarsi e farsi i fatti propri visto che si rischia di ottenere il risultato opposto, così per spirito di contraddizione. Qualsiasi novità il bartender me/ce la deve comunicare, possibilmente seduta stante. Ma si tratta sempre di aneddotica, il più delle volte superficiale o già metabolizzate. Ad esempio stamattina ore 10 scarse lui ci telefona, strano a quest'ora dorme della grossa, sarà ancora sveglio, uscito adesso da qualche locale, giusto!! non era ancora andato a dormire. Peccato chiamasse da Genova. Lui sta a Torino. Mah ... e dormire? e se si sbatte perchè gli viene un colpo di sonno?

Il bartender, se ha delle grane profonde, le tiene per sè, non te le dice. Se ha delle sofferenze non lo puoi sapere, lui le chiude a chiave nel profondo e non le tira fuori. E tu qualche volta le intuisci e la sua sofferenza ti scava dentro. E vorresti proteggerlo ma sai che non puoi, non puoi proteggerlo dalla sua vita, dal suo karma. Puoi solo sperare che non sia brutto.

Mia zia mi chiede, ripetutamente, ma tu non sei preoccupata?? No, non sono preoccupata. Perchè ho deciso di non esserlo. Perchè la mia preoccupazione non cambierebbe una virgola ed a me non piace fare sforzi inutili. Certo che non ci debbo pensare. Perchè sennò mi preoccupo. Parecchio

1 commento:

Mammamsterdam ha detto...

Sei il mio eroe quando dici che non sei preoccupata perché hai deciso di non esserlo, ma che è meglio che non ci pensi.

Lo so, pensa che mia madre ha smesso di preoccuparsi di mio fratello verso i suoi 34 anni, quindi hai tempo (e solo perché le rompevo le scatole io).

Sembra tipo mio fratello, e se ti consola una famiglia fa molto per dei tipi così, solo che ha bisogno di una con le palle che lo prende a calci in culo. In genere se ne trovano, quindi fossi in te non mi preoccuperei troppo.

chi prima, chi dopo, chi un po'alla volta, come diceva mio padre. Ma una calmata ce la diamo tutti.

Per i dolori profondi mio padre ti incastrava in un dopocena alcolico e chiacchieroso, e devo dire che con il frere e mia madre un paio di anni fa abbiamo avuto questo raro e prezioso momento della verità. In cui ha detto di essere un debole, di saperlo e che per questo la vita gli va così. Che mi è sembrata una grnde prova di maturità devo dire.

Insomma, c'è speranza. Intanto ti telefona, no?