Obiettivo Trop Model

aprile 28, 2010

AIUTO

Una delle mie paure più grosse è quella di saltar fuori dal sistema. Un bel giorno inizia una serie di eventi negativi e, prima che tu sappia com'è andata, ti ritrovi con il culo per terra.

Nella mia esperienza il lavoro è stato ciò che mi ha ancorato alla mia vita durante i periodi più difficili. E' stata la mia certezza: fare affidamento sul mio stipendio mi ha permesso di non andare nel panico quando a metà mese il mio conto in banca era già incandescente. Sapere di avere il mio lavoro mi ha permesso di non dubitare mai del fatto che avrei pagato il mutuo ogni mese, che i miei figli avrebbero avuto un tetto sulla testa, e calore, e abiti, e scuola ed anche qualche cosa (poco) di superfluo. Sapere di poter contare sulle mie forze perchè il lavoro - odiato ed amato - era lì a farmi da sponda.

E pensavo che sarebbe sempre stato così

E invece è cambiato tutto, il mondo del lavoro si è ristretto ed è diventato terra di nessuno, dove mors tua vita mea, dove non c'è più granchè di garantito, dove se sei giovane sei troppo giovane e se non sei più giovane sei vecchio, dove tutti gli anni i numeri che devi fare sono un (bel) pò più grandi dell'anno precedente, dove niente basta mai e non ti lasciano dire 'ho raggiunto questo e quello, mi basta così, adesso voglio solo vivere serena/o'. E con questi pensieri la sensazione di precarietà, di timore per il futuro, di incertezza è sempre pronta a farmi venire l'ansia.

L'idea che qualcuno possa perdere il lavoro e perdere questa ancora mentale prima ancora che economica mi atterrisce e tanto più mi sembra realistica tanto più mi viene l'angoscia nel pensare 'e se...?'

Tutto questo per dire che il padre del moroso della princi, alla sonante età di 50 anni abbondanti, ha fatto un paio di mosse errate, si è fidato delle persone sbagliate e trac! ha perso il lavoro.

Ora è disoccupato, con moglie e figlio a carico e rete di relazione che si è squagliata come neve al sole: nel timore che possa chiedere qualcosa si sono dileguati tutti.

Io non ho mai avuto rapporti con loro ma se penso a questa famiglia mi si stringe il cuore e lo stomaco, vorrei poter far qualcosa ma non conosco davvero nessuno che anche solo lontanamente potrebbe dare un consiglio, segnalare un'opportunità.

Non credo che questo signore stia lì a rimirarsi l'ombelico, del resto è stato responsabile della logistica per un'azienda di pavimenti galleggianti per un sacco di anni e sicuramente starà cercando di trovare una soluzione. Ma a cinquantanni è dura come il ferro, con la crisi attuale che c'è per taluni e per altri sta finendo, ammesso che sia mai iniziata, ovvio!

Non credo pretenda chissà che, a parte continuare a mantenere la sua famiglia, suppongo. Non so se sarebbe disposto ad allontanarsi da casa ma, da quel poco che conosco, non penso che rifiuterebbe un'opportunità solo perchè lontana.

Io non ho una rete di relazione da sondare per lui, non posso davvero fare nulla se non gettare un sasso in questo stagno sperando che i cerchi dell'acqua arrivino alla riva.

Hai visto mai che qualcuno che passa di qua e legge possa mai avere un gancio, almeno un'opportunità di colloquio, un minimo gesto di solidarietà....

Io ci spero davvero tanto

10 commenti:

Giuliana Cupi ha detto...

Benvenuta in questo mondaccio, Graz. Io ci sto dentro da 8 anni, da quando Massimo ha perso il lavoro dove si aspettava legittimamente di poter concludere la sua carriera: azienda fatta fallire ad arte, tutti a casa. Allora non stavamo neppure insieme, ma non mi sono persa una tappa: la cassa e la disoccupazione (intesi come sussidi) che arrivano dopo MESI, qualche sparuto colloquio, la sequela di lavori schifosi, precari, vomitevoli. Da tre anni ne aveva uno un po' meno peggio, di lavoro, ma ora ci risiamo, la prospettiva è quella di essere esternalizzato nelle cooperative, ergo sgobbare praticamente gratis.
Allora basta, io non ci sto più. Ho mangiato 7 anni di merda (scusa) come precaria io prima, ora sono quasi 8 che ne mangio per lui, non è possibile che la nostra vita sia contunamente ostaggio di quello che tu chiami sistema e che io definirei in altri modi, ma a quest'ora del mattino i neuroni non mi forniscono un sinonimo. Basta stressarsi, basta incazzarsi, qualcosa ci inventeremo.
L'unica cosa buona è che intorno a lui le persone non si sono dileguate, anzi: ha avuto solidarietà, prestiti e ha pure trovato l'ammmmmmmmmmore...forse là fuori (dal sistema dico) si sta meglio e per dirlo io che vedevo nel lavoro t.i. l'unico puntello psicologico della mia insicurezza esistenziale...
Giuliana

lerinni ha detto...

già, sembra quasi di essere contagiosi, quando ti succede qualcosa di brutto. il mio è un lavoro ballerino, che un giorno ti dà da mangiare e l'altro no: le tue certezze non le ho, ma nemmeno l'ansia che deve provare adesso il quasisuocero della princi... gli auguro tutta la fortuna del mondo...

graz ha detto...

Giul, pessima faccenda. Ieri sera, parlandone con la princi, lei mi diceva che era convinta che la nostra generazione avrebbe "finito" quanto iniziato. In pratica lei pensava che solo la sua generazione avrebbe avuto a che fare con la precarietà perenne. E invece no. Bella sorpresa, eh?

Lerinni, io non penso che il precariato sia la radice di tutti i mali per se. Anzi, in fondo lavorare come free lance (se non lo interpreti come un posto fisso sfigato) può darti molto. Il punto è che ci vorrebbe un sistema che funziona, cosa che non è.

Giuliana Cupi ha detto...

Esatto, Graz: bisognerebbe che non fosse precariato, ma flessibilità: allora piacerebbe anche a me. Invece loro fanno il c***o che vogliono e noi siamo irrigiditi a 90°...scusa il linguaggio, il punctum è dolentissimus...
Giuliana

bussola ha detto...

in questo periodo il mondo del lavoro è un vero pianto.....ho fatto un precariato interminabile... ma nemmeno questo ti fa sentir serena....

widepeak ha detto...

sì, concordo, è anche la mia più grande paura. da sempre..purtroppo sono la persona meno indicata per aiutare in questo momento, ho pochissime relazioni lavorative (e non) gli auguro il meglio, verametne

emily ha detto...

mi hai fatto venir voglia di scrivere un post che temo sarà molto polemico e io odio le polemiche, almeno qui (nella vita mi tocca, ma anche qui...)
però ho un'opinione su questo benedetto precariato che sono sicura che nn è condiviso da nessuno, ma mi prude sulla lingua di dirlo. che faccio mi butto? a costo di essere bandita dalla blogsfera?

stefafra ha detto...

Mio padre perse il lavoro a 50 anni dopo credo 25 anni sotto lo stesso "padrone" nei ruggenti anni '80, e cominció una serie di lavori e lavoretti sfigatissimi, incluso il friggitore di hamburgers e patatine,i ncluso un tentativo andato male di mettersi in proprio in cui si giocó la liquidazione di quasi 25 anni sotto lo stesso "tetto" lavorativo.
A mia madre nel frattempo toccó di fare la donna delle pulizie per far quadrare il bilancio, visto che non aveva qualificazioni perché per anni non aveva lavorato non per svogliatezza ma perché secondo i proprietari della ditta di mio padre non sarebbe "stato bene" che la moglie del direttore (di ristorante) lavorasse.

Tutti gli "amici" e le conoscenze sparirono dalla vista, inclusi i parenti stretti che gli rifiutarono un prestito, costringendolo a vendere la sua fettina della casa dei nonni.
Anche se dopo 5-6 anni di sfiga mio padre ritrovó un lavoro per lui molto bello in cui rimase fino alla pensione credo che non si sia mai ripreso dalla botta.
Io ho scelto una vita da precaria, sono ricercatrice in biologia e il precariato é garantito sia in Italia che all'estero, escludendo la Francia i posti fissi non esistono da nessuna parte. Peró l'ho scelta io la vitaccia, e non mi illudo, anche se a volte pesa non sapere dove si abiterá l'anno prossimo...

graz ha detto...

Bussola, benvenuta!! che dire? io lavoro in P.IVA dal 2003 e mi son sentita dire di tutto da coloro che ritenevano il CO.CO.quelchelè fosse meglio, meno costoso, meno rischioso. Io sono sempre stata del parere che se precaria debbo essere allora è meglio libera professionista, gestendomi un paniere di attività e - soprattutto - di clienti. Morale della favola: dal fallimento di uno degli enti per cui ho lavorato in questi anni io ci ho rimesso 1800€ i co.co.ecceterà chi 15, chi 20, chi addirittura 30 (mila)(euro) (per dire). Secondo me è la mentalità che deve cambiare, tanto per iniziare. E poi se ci fosse un filino (sarcarmo mode/on) più di onestà da parte delle aziende direi che non guasterebbe. Sempre ad esempio, l'ente di cui sopra, che ha pasturato sulle spalle di disgraziati peggio di me, è l'EMANAZIONE DI UN SINDACATO. E' se non è una porcata questo mi domando cosa lo sia ...

WIDE, grazie per averci pensato però. Io se immagino quella famiglia .. mi si stringe il cuore così tanto! vorrei essere d'aiuto ma non so proprio come

EMILY, io non credo proprio nessuno ti bandirebbe da nessuna parte anche se probabilmente immagino il tenore del tuo post al fulmicotone. Pertanto scrivilo che un pò di sana discussione non ha mai ammazzato nessuno. Io so solo che mio figlio ha lavorato per gli ultimi due anni e mezzo per un locale modaiolo, facente parte di una società che ne gestisce 4 tutti altrettanto modaioli. La società nel 2005 dichiarava ben *2500* €. Lui nel corso del'ultimo anno ha lavorato sempre di meno, chiamato quando pareva a loro, ovviamente nei fine settimana e senza possibilità di organizzarsi un'attività alternativa. In ogni caso si è mantenuto per tutto il 2009 sebbene con una certa fatica e con qualche nostro aiuto. Il suo CUD per l'anno scorso non arriva a 500€. Sono convinta che non tutte le aziende siano così però ....
(e se senti di qualcuno che potrebbe fare un colloquio a questo signore ...)

graz ha detto...

Ciao Stefafra! Ho fatto un 'salto' da te ed credo di capire cosa intendi. Ora sto affrontando una specie di montagna di panni da stirare ma ci torno e poi magari rispondo al tuo commento in modo più sensato di questo. Per il momento benvenuta!